Un curioso studio condotto dai ricercatori del Nestlé Research Center di Losanna, Svizzera, i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of Agricultural and Food Chemistry, ha dimostrato che cucinare in alta montagna conferisce ai piatti standard di sapore e qualità nutrizionali più elevati. Il motivo è semplice: ad alta quota, la pressione e il punto di ebollizione dell’acqua sono più bassi e questo permette al cibo di cucinarsi più dolcemente e a una temperatura inferiore.
Per provarlo il team ha preparato tre ricette identiche per brodi vegetali: una cotta in alta montagna e altre due in laboratorio, delle quali una a pressione ordinaria e l’altra ad alta pressione. Il risultato è stato che il brodo cucinato in montagna aveva un sapore ben diverso dagli altri. Il dottor Candice Smarrito, del NRC, ha spiegato: “Il gusto è un driver importante per l’accettazione del cibo da parte dei consumatori. Abbiamo preparato brodi vegetali con le stesse quantità di rape, carote, porri e sedani. I risultati sono poi stati analizzati in laboratorio attraverso analisi specifiche e un panel di esperti di degustazione per vedere come le diverse combinazioni di pressione e tempi di cottura impattano sulla qualità culinaria e sul profilo molecole delle preparazioni”.
In pratica si è scoperto che cuocere a 85° C, punto di ebollizione dell’acqua a 3.600 metri, migliora il profilo qualitativo degli alimenti. Questo tipo di cottura permette di mantenere nei cibi tutto quel complesso di aminoacidi, carboidrati e acidi organici di cui sono ricchi. Ciò significa che una più alta qualità incide positivamente anche sul sapore del piatto che, in termini di aromi e intensità, esalta l’esperienza sensoriale nel consumatore e i valori nutrizionali degli alimenti stessi.
Fonte: improntaunika.it | Autore: Silvia Lazzerini