BERGAMO — Non è solo una questione di temperatura; il caldo che noi patiamo dipende dal tasso di umidità dell’aria. Come la percentuale di umidità nell’aria aumenta, così lo sarà anche il disagio corporeo. Infatti se l’umidità aumenta, tende a diminuire il tasso di evaporazione, che tende a raffreddare il nostro corpo. Quando il processo di evaporazione è lento, allora meno calore verrà rimosso dal nostro corpo. Con ovvie conseguenze…fisiche.
A tutti voi sarà capitato almeno una volta di dire:”Che Afa!”. Ma cos’è effettivamente l’afa? A rigore di scienza non è altro che un termine scientifico legato ad un rapporto matematico tra l’umidità e la temperatura atmosferica, quantificabile attraverso una precisa relazione matematica, e rappresentato da diversi indici tra cui dall’indice di calore. Quest’ultimo, consente, infatti, di stimare il livello di disagio fisiologico avvertito dal nostro corpo durante la stagione estiva in corrispondenza di elevati valori termoigrometrici, ossia con temperature e tassi di umidità elevati. In altre parole fornisce un valore della temperature apparente, ovvero di quella effettivamente percepita dal nostro corpo.
Generalmente le condizioni di afa si verificano a temperature superiori ai 30°C e con tassi di umidità superiori al 40%. In tali condizioni, infatti, l’organismo umano cede calore verso l’esterno principalmente mediante la traspirazione, ossi la sudorazione corporea, la quale è fortemente legata alle condizioni meteorologiche ed è influenzata da una miriade di altri fattori quali: il vento, l’abbigliamento, l’età, il peso, il sesso dell’individuo, etc. In condizioni di afa la sudorazione prodotta dall’organismo, per abbassare la temperatura corporea, non riesce ad evaporare nell’ambiente circostante perché già saturo, costringendo la temperatura corporea a salire con possibili conseguenze per l’organismo.
Ci sono indici che la quantificano? Esistono diversi indici utilizzabili per quantificare il benessere climatico dell’uomo in relazione all’umidità ed alla temperatura. Tra i più importanti c’è sicuramente la scala o indice Humidex (H), che cerca, considerando la temperatura dell’aria e l’umidità relativa, di calcolare un singolo valore in grado di descrivere il disagio, per l’uomo, che si verifica in giorni umidi e caldi. Tale equazione fu formulata in Canada dopo vari studi effettuati nel lontano 1963 ed è sensibile in un intervallo di temperatura compreso tra 20°C e 55°C.
Successivamente nel 1979, grazie a propri studi fisiologici condotti sull’uomo a varie condizioni climatiche, Steadman sviluppò una tabella che correla la temperature, l’umidità e la temperatura percepita dal nostro corpo. Definì così l’Indice di Calore (HI) volto a descrivere il fenomeno del “caldo afoso”, inteso come gli effetti di temperatura ed umidità relativa sull’uomo a livello del mare.
Altro indice assai utilizzato è l’indice di disagio proposto da Thom, Discomfort Index (DI), considerato uno dei migliori indici di stima della temperatura effettiva. Quest’ultima è definita come “un indice arbitrario” che combina, in un singolo valore, l’effetto di temperatura, umidità e movimento dell’aria sulla sensazione di caldo o freddo percepito dal corpo umano.
Il più recente indice di benessere, presentato all’ottantesimo meeting dell’AMS tenutosi a Long Beach, in California, 11 Gennaio 2000, rappresenta una nuova versione del Summer Simmer Index (SSI), pubblicato nel 1987 ad opera di John W. Pepi ed è definito NEW SSI. Si tratta di un indice adatto a descrivere le condizioni di stress da calore durante la stagione calda.
Qualche accorgimento per affrontare l’afa: La popolazione è invitata ad evitare attività faticose durante le ore pomeridiane quando le temperature raggiungeranno valori elevati. Assicuratevi di bere molti liquidi e controllare frequentemente le persone più sensibili al caldo come i bambini piccoli e gli anziani in quanto più esposti al ipertermia.
Fonte: montagna.tv – 3bmeteo.it