MILANO
– Il Canyoning o torrentisimo consiste nella discesa di torrenti e di strette gole scavate da corsi d’acqua. Un’attività che si svolge in paradisi naturali ma non esente da rischi, che richiede un’ottima conoscenza dell’ambiente montano in cui ci si muove, delle tecniche e dell’attrezzatura alpinistica: corde, imbraghi, discensori, ecc. In Italia l’unico professionista abilitato ad accompagnare e ad insegnare la pratica del canyoning è la Guida Alpina specializzata in questa disciplina. Anche perché la legge n.6 del 02/01/1989 stabilisce che l’insegnamento e l’accompagnamento nelle attività che prevedono l’uso di tecniche e attrezzature alpinistiche siano riservate alle Guide Alpine. Tuttavia altre figure non riconosciute dalla legge offrono ai turisti escursioni e corsi di canyoning: da costoro è bene diffidare perché è in gioco la sicurezza delle persone.
Tuffi o calate in fresche pozze d’acqua cristallina. Toboga, discese in strette gole di roccia scavate dal fiume. Come anni fa successe alla canoa e al rafting, oggi il canyoning vive anche in Italia un vero boom di praticanti: non solo sportivi e amanti della montagna, dove si pratica il canyoning, ma anche semplici turisti desiderosi di vivere un’avventura che combina un’attività acquatica con l’ambiente montano. Fare canyoning in sicurezza però significa saper utilizzare correttamente l’attrezzatura alpinistica ed essere preparati a gestire le situazioni di rischio: in sostanza significa avere la competenza di una Guida Alpina.
“L’unica realtà che ha creato degli standard di specializzazione nell’ambito dell’attività di canyoning è quella delle Guide Alpine – spiega Marco Heltai, presidente della Commissione tecnica Canyoning del Collegio nazionale delle Guide Alpine e dell’UIAGM, l’Unione Internazionale delle Guide Alpine -, sia a livello nazionale sia a livello internazionale. La Guida Alpina ha le competenze necessarie a eseguire lavori con le corde e il resto dell’attrezzatura, ma deve ulteriormente specializzarsi: l’attività in acqua utilizza infatti, tecniche e problematiche differenti dai lavori in fune o dall’arrampicata in parete. Ci si muove in ambienti che comportano dei rischi, che la Guida Alpina è in grado di gestire perché viene formata per farlo”.
Affidarsi a un professionista significa avere garanzia degli standard qualitativi. Non solo della sua competenza, ma anche nei dispositivi di sicurezza utilizzati.
“I materiali usati nel canyoning sono di diverso tipo – spiega ancora Heltai -. Ci sono quelli che hanno a che vedere con l’acqua, come i calzari di neoprene e la muta che devono garantire la stabilità termica di chi li indossa: elementi fondamentali anche alla sopravvivenza, in caso di incidente, che quindi non possono essere sostituiti con materiali scadenti e di dubbia affidabilità. Poi c’è il casco, non uno qualsiasi ma omologato per la caduta dei sassi, perché siamo in montagna e può capitare. L’imbragatura specifica, che non può essere la stessa dell’arrampicata perché deve essere adeguata anche all’acqua. Poi discensori, corde che hanno una colorazione, una lunghezza e una tenuta particolare perché utilizzate in acqua. Dopo di che questi materiali bisogna saperli usare a dovere: si praticano cioè, procedure di sicurezza e manovre specifiche per l’ambiente acquatico. Le Guide Alpine adattano le loro competenze alle peculiarità del fiume, per questo esiste una specializzazione a livello internazionale, recepita anche a livello nazionale”.
Sul territorio italiano tuttavia, proporzionalmente all’aumento dei praticanti, si vede crescere anche il numero di guide abusive che accompagnano nell’attività del canyoning turisti ignari del rischio che corrono affidandosi a chi non è qualificato a farlo.
“È importante affidarsi a un professionista formato e preparato alla pratica del canyoning – spiega Heltai -, prima di tutto per una questione di sicurezza. Affidare la propria vita a una persona che non ha le competenze per gestirla è come affidarsi a un chirurgo che non è medico. Nelle mie mani, attaccate alla mia corda, passano decine e decine di vite ogni settimana. Pensiamo solo alle manovre di calata: se non ho le competenze necessarie metto a rischio non solo la persona che è legata a me, ma anche tutte le altre che sono con me in quel momento, nonché quelle dei soccorritori che poi devono venire a recuperare la persona che si è fatta male a causa mia”.
“Come in ogni altro campo, il consumatore pretende che l’offerta, la proposta, il prodotto sul mercato siano verificati da qualcuno – conclude Heltai -, così come quando ci sottoponiamo a cure mediche abbiamo bisogno di avere la certezza che chi le somministra sia un medico abilitato a esercitare. In un ambiente però come quello del canyoning, in cui non ci sono controlli, non c’è cultura e conoscenze di quali figure siano abilitate e quali no, il rischio di finire nelle mani di un incompetente è alto. Per questo è bene accertarsi che chi ci accompagna a fare canyoning sia un professionista. Prima di tutto per una questione di sicurezza”.
Fonte: guidealpine.it – Comunicato Stampa